Per questa volta è finita “bene”. Venerdì scorso mi sono decisa a tornare all’ospedale perché non avevo ancora visto niente e il sangue sembrava essersi fermato. Ancora una volta, avevo ragione io: la camera gestazionale era ancora lì, al suo posto. Stesse dimensioni. La dottoressa insisteva nell’aspettare ancora per verificare l’evoluzione, ignorando i miei commenti sulla data del concepimento, ignorando anche le basi della sua professione perché dappertutto dicono che se non c’è evoluzione da un’ecografia all’altra, l’aborto è certo. Comunque sono riuscita a convincerla a fissarmi l’isterosuzione per oggi.
Ma non è stata necessaria. Venerdì il test di gravidanza era ancora positivo. Domenica sera mi sono venuti dei dolori, sopportabilissimi ma inequivocabili, e un’emorragia. Sono andata in bagno e ho sentito scendere la camera. L’ho raccolta, l’ho esaminata, l’ho messa in un barattolo sterile e il giorno dopo l’ho portata all’ospedale. Avrei dovuto fare gli esami del sangue preanestesia ma sono prima salita a farmi controllare per l’ennesima volta. Anche stavolta avevo ragione: aborto completo, utero vuoto, endometrio di 4 mm. Tutto a posto. Intervento annullato.
Purtroppo la mia camera gestazionale non era sterile, così dice il dottorino che a me sembra un po’ troppo alle prime armi, e non si può fare il citogenetico. Pazienza, tanto si sa che sarebbe uscita un’anomalia cromosomica. Torno a casa, la apro e la seziono. C’è una pallina rotonda all’interno, forse il sacco vitellino? Chissà. Addio cellule del mio settimo figlio, addio. Vi butto nello scarico. Addio.